contratto di assicurazione : dichiarazioni inesatte e reticenze

contratto di assicurazione : dichiarazioni inesatte e reticenze

INESATTEZZE E RETICENZE (1892 c.c.)

La ratio della norma è comunemente individuata nella esigenza, coessenziale al buon andamento della pubblica economia, di porre l’assicuratore in condizione di valutare esattamente il rischio e di computare conseguentemente il premio in modo adeguato.  Partiamo dalla definizione codicistica per poi fare una esegesi delle diverse fattispecie previste con un taglio molto pratico.

RETICENZA (1892)

Art. 1892 – Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave.

[I]. Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l’assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento [1441 ss.] del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave [1893, 1894].

[II]. L’assicuratore decade [2964 ss.] dal diritto d’impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l’inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l’impugnazione.

[III]. L’assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l’annullamento e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente, egli non è tenuto a pagare la somma assicurata.

[IV]. Se l’assicurazione riguarda più persone o più cose, il contratto è valido per quelle persone o per quelle cose alle quali non si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza [1932].

La norma prevede quattro diverse ipotesi.

Vediamole una ad una:

  • Comma I- inefficacia (annullabilità) della garanzia per inesattezze o reticenze;
  • Comma II- decadenza trimestrale della azione di annullamento da parte dell’assicuratore;
  • Comma III – diritto dell’assicuratore a trattenere i premi relativi al periodo in corso relativo al momento in cui si domanda l’annullamento (in ogni caso premio del primo anno); Inefficacia della garanzia sempre opponibile in via di eccezione.
  • Comma IV – pluralità di assicurati; annullabilità limitata alle persone cui si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza.

Delle 4 ipotesi sopra viste quella che interessa, per numero di contenzioso e per interesse esegetico e quella di cui al primo comma. Questo per un motivo molto semplice.

Se vi è stata informazione fallace (falsa o reticente) in sede precontrattuale una volta incassato il premio ed assunto in garanzia il contratto (vita, IPM o infortuni) ben difficilmente l’assicuratore verrà a scoprire la falsità\difformità se non in sede di verifica del sinistro denunziato. Ne deriva che le azioni di annullamento ex 1892 dedotte in via principale (soggette alla decadenza e “sganciate” dalla verificazione di un sinistro o dalla diversa ipotesi di aggravamento in corso di contratto) sono ben rare con relativo contenzioso (e giurisprudenza) quasi inesistente. Analizziamo allora i requisiti per contestare – e sostenere utilmente in giudizio – la garanzia in caso di informazioni precontrattuali false:

Sono TRE le condizioni essenziali (delle quali una oggettiva e due soggettive), secondo giurisprudenza di legittimità assolutamente univoca (da ultimo si veda, ex plurimis, Cassazione 2018 n. 24563 e n. 13399), per l’applicabilità della eccezione di inoperatività ex 1892 c.c.:

  • PRIMO: La dichiarazione deve essere stata inesatta o reticente;
  • SECONDO: La dichiarazione (oggettivamente falsa o reticente) deve essere stata resa (soggettivamente) con dolo o colpa grave;
  • TERZO: La dichiarazione deve essere stata determinante nella rappresentazione del rischio e nella formazione del consenso.

Sul punto primo: l’assicurando può trarre in inganno l’assicuratore (falsando la rappresentazione del rischio) o tramite affermazioni di fatti positivi totalmente o parzialmente non veritieri (dichiarazioni inesatte) o tramite omissioni di informazioni (reticenze). La informazione richiesta dall’assicuratore in sede precontrattuale deve essere essenziale, chiara e precisa. In particolare dovrà essere richiamata l’attenzione dell’assicurando (vedasi infra) sulla importanza delle informazioni richieste ai fini della reale rappresentazione del rischio (con espresso richiamo alla sanzione di inefficacia della garanzia ed all’annullamento della polizza). In ordine alla VERIFICA, in sede giudiziale, della falsità della informazione la questione è spesso semplice perché, nella stragrande maggioranza dei casi, la difformità rispetto alla realtà storica avviene attraverso il semplice raffronto tra documenti (ad es.: da una parte la risposta a quesito del questionario medico e, dall’altra, le risultanze delle anamnesi remota attestata in cartella clinica). Più spinosa, ed oggetto di largo contenzioso spesso incerto, si presenta la verifica giudiziale delle altre due condizioni. Vediamole.

Il secondo punto è ostico (e spesso fonte di decisioni sostanzialmente arbitrarie) in quanto ci si sposta dal piano oggettivo (oltretutto agevolato dalle risultanze documentali) a quello soggettivo implicante la dimostrazione (a carico dell’assicuratore) o della volontà fraudolenta (consilium fraudis – DOLO) o della grave ed inescusabile leggerezza (COLPA GRAVE nella forma di negligenza e trascuratezza) che presuppone, in concreto, la piena coscienza della inesattezza della informazione.  La prova, in giudizio, dell’elemento soggettivo è una mera finzione in quanto – come evidente – sarà sempre precluso all’assicuratore (se non in casi remoti) fornire la prova del profilo soggettivo (dolo o gravemente colposo) dell’assicurando. La giurisprudenza, ultimamente più sensibile al tema delle frodi assicurative, è incline nel collegare la dimostrazione del profilo soggettivo al “quantum” di divergenza dalla realtà; Tanto più sarà “grave” o “pesante” la falsità o la reticenza tanto più sarà “presunta” la negligenza grave da parte del consumatore. E’ ricorrente in giurisprudenza l’assunto secondo il quale “l’accertamento della sussistenza del dolo o della colpa grave costituisce indagine di fatto riservata al Giudice di merito e, come tale, incensurabile in Cassazione se immune da vizi logici”. ATTENZIONE: questo è un warning di rischio ineliminabile per tutto il contenzioso legato al 1892. Traducendo dal lessico criptogiuridico ciò sta a significare che la verifica da parte del Giudice in ordine all’elemento soggettivo (dolo o colpa grave) sarà sostanzialmente discrezionale (se non totalmente arbitrario).

Il terzo punto è quello che genera i maggiori fraintendimenti. Spesso (anzi quasi sempre) si legge negli atti di citazione degli assicurati che l’informazione (omessa o inesatta) “appare totalmente ininfluente ed irrilevante in relazione alla verificazione dello specifico sinistro denunziato (morte, malattia o infortunio). Gli stessi avvocati degli attori chiedono e spesso insistono affinchè il Giudice disponga CTU medica al fine di dimostrate come la specifica patologia (sottaciuta o non correttamente riferita) non abbia in concreto avuto alcun nesso con la diversa (perché autonoma o non correlabile) patologia oggetto di pretesa indennitaria.  IL GIUDICE NON DEVE CADERE IN QUESTO EQUIVOCO. Il tema di cui all’art. 1892 non è quello di verificare se la inesatta informazione abbia, o meno, avuto correlazione con la verificazione del sinistro ma – cosa radicalmente diversa – SE LA INESATTA INFORMAZIONE ABBIA, O MENO, AVUTO RILEVANZA IN ORDINE ALLA REALE RAPPRESENTAZIONE DEL RISCHIO DA PARTE DELL’ASSICURATORE.

Se la patologia sottaciuta in sede precontrattuale (es. ipertensione arteriosa) dovesse avere una qualche relazione con la patologia oggetto di denunzia di sinistro (es. infarto miocardico) la relativa inefficacia sarà più diretta e meglio comprensibile anche sotto il profilo logico; Ma anche se così non fosse (oppure nei casi dubbi di patologie incerte o multifattoriali) non si dovrà seguire la chimera della eziopatogenesi (come se si trattasse di un giudizio di responsabilità medica). Quello che occorre dimostrare (allegando tutti i documenti in modo preciso ed ordinato) è che l’assicuratore – ai fini della precisa rappresentazione dello specifico rischio e della computazione del premio richiesto – richiedeva specifiche informazioni ritenute essenziali per la determinazione del proprio consenso negoziale.

Anche qui si ripete quanto già detto in relazione alla seconda condizione: la prova dello stato soggettivo ex parte assicuratoris è altrettanto difficile (se non impossibile) di quella relativa al dolo\colpa grave dell’assicurando. Lo stesso elemento dovrà essere, per forza di cose, desunto dalla importanza della falsità\reticenza. Tanto maggiore sarà il “quantum” di discostamento della informazione resa rispetto alla realtà dei fatti tanto maggiore sarà la probabilità che il Giudice, in forza del proprio discrezionale apprezzamento di merito, ritenga la informazione come determinante del consenso.  Il tutto con un ragionamento che, seppur postumo, sia condotto secondo il criterio dell’ex ante in concreto. Ponendosi quindi nello stato mentale di un assicuratore di media diligenza ed avvedutezza si dovrà stabilire se, laddove l’assicuratore avesse conosciuto il reale stato di fatto (falsamente descritto o sottaciuto), lo stesso avrebbe negato il consenso alla stipula o avrebbe comunque richiesto un premio diverso.

CONCLUSIONI

E’ ricorrente in giurisprudenza l’assunto secondo il quale “l’accertamento della sussistenza del dolo o della colpa grave costituisce indagine di fatto riservata al Giudice di merito e, come tale, incensurabile in Cassazione se immune da vizi logici”. ATTENZIONE: questo è un elemento di rischio assolutamente non aggirabile per tutto il contenzioso legato al 1892. Traducendo dal lessico criptogiuridico ciò sta a significare che la verifica da parte del Giudice in ordine all’elemento soggettivo sia dal lato del consumatore (dolo o colpa grave) sia dal lato dell’assicuratore (autodeterminazione a non assumere il rischio od ad assumere a condizioni diverse) sarà sostanzialmente discrezionale (se non totalmente arbitrario). Essendo tecnicamente impossibile (se non in ipotesi limite) fornire la prova rappresentativa (testi) dell’elemento soggettivo la stessa dovrà necessariamente essere data per documenti. Ecco, allora, che la dimostrazione, nei fatti, della piena consapevolezza della importanza della informazione dovrà emergere – in modo chiaro ed univoco – dal tenore letterale dei documenti allegati agli atti di causa ( tipicamente : proposta di assicurazione – questionario medico – condizioni generali di contratto – cartelle cliniche e certificati). In ipotesi di informazione fallace un WARNING contrattuale (da fare sottoscrivere all’assicurando) dato in grassetto a chiare lettere (ad esempio : “dichiarazione di responsabilità: le notizie specificamente qui di seguito richieste da me fornite richiedono la massima precisione ed attenzione e sono elementi fondamentali per la esatta valutazione del rischio e per l’accettazione dello stesso da parte dell’assicuratore”) andrà a dimostrare – appunto attraverso la produzione del relativo documento la connessa gravità della colpa e la incidenza della stessa sulla determinazione del consenso.

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